
Come è nato questo progetto?
Sono partita con questo progetto in un momento in cui mi ero persa.
E quando si è persi solitamente l’unica cosa che si vuole fare è paradossalmente riuscire a fuggire, scappare dal luogo in cui si è. Ricominciare altrove, ritrovarsi magari in un luogo confortante mozzafiato: una città caotica, piena di luci, il mare o la solitudine delle montagne.
Eppure mentre mi guardava intorno per trovare il giusto trampolino, ho iniziato a concentrarmi su quello che avevo visto milioni di volte, ma che andava ancora ben guardato. E come a tuffare lo sguardo in un caleidoscopio allo stesso modo, la Pianura ha iniziato a sembrarmi sempre la stessa e contempo sempre diversa.
Ho iniziato a raccontarlo: dapprima briciole di emozioni, profumi, facce, sapori, panorami, con senso ironico talvolta, poetico perlopiù. E tra foto di frazione abbandonate e desolate e anziani al bar con un bianchino e il giornale, inserire dei didascalici "Pianura Padana Mon Amour" quasi provocatori.
Poi è successo che mi sono ritrovata a dedicare un pensiero d’amore per l’estate padana dopo una chiacchierata fino a tarda notte sotto i portici del paese, e, sulla strada di casa, pensare: "però mica male la mia Pianura" e dare colpa all’afa che magari mi aveva dato alla testa.
Qualche tempo dopo mi sono riscoperta commossa davanti alla ricetta dei tortelli di zucca della Bianca della Martinella che sembrava impossibile ma era proprio come quella di mia Nonna Evelina, dove un ingrediente ogni due era misurato con un po’ di e allora giù ancora nel mio cuore a pensare "Pianura Padana Mon Amour".
Facile farlo poi nei tramonti infuocati, quelli di fine inverno rosso-rosa che sembrano prometterti che ci sarà ancora vita dopo la nebbia, oh Pianura Padana Mon Amour quanto amore sei!
È spuntata una lacrima la scorsa estate quando dopo il racconto dell’arrivo della Fiera d’Agosto in paese ho sentito una partecipazione talmente sincera dal farmi chiedere che cosa avessi fatto di così speciale e via via questa piccola magia è proseguita ad ogni racconto, scorcio e condivisione come se a muoverci fosse una comune voglia di dare la giusta luce a un gioiello per troppo tempo dimenticato in un angolo di un cassetto.
E dietro a questo appellativo un po’ serio e un po’ giocoso tra le parole Mon Amour si è creata questa rete di persone che nella Pianura Padana sono nate e vivono o hanno vissuto e amano questo territorio così vasto eppure con un fil rouge così forte che - come mi scrivete spesso- viene raccontato troppo poco e spesso male, senza amore.
Raccontarlo attraverso i miei occhi è partito così da un gioco e si è trasformato in una sorta di missione di cuore, un esercizio di ricerca e attenzione su quanto mi circonda ed infine è diventato condivisione sincera e apertura nello scoprire quello che tanti occhi diversi vedono dello stesso territorio.
In un mescolarsi di cliché ed emozioni inedite passato e presente indissolubili come il fumo profumato che usciva dalle pentole delle nonne, come la nebbia che tutto confonde, come l’amore che non ha mai una faccia sola eppure quando è puro, si fa riconoscere sempre.
In questo posto c’è spazio per tutti: gli scettici e i sentimentali.
Qui ci sono nonni e figli, fuga e ritorni, radici e ali, Ghirri e Tondelli, tortellini e salame, in un mondo che sembra sempre un po’ passato invece dietro la nebbia è vivo e vivido e aspetta solo di essere raccontato e vissuto.
Come il cielo che da queste parti non è sempre così semplice da fotografare tra grigiori e piattumi ma diventa speciale a suo modo, perché le nuvole sono per ciascuno forme diverse, e nei colori qui non solo ci si può sognare quel che si vuole, quasi "si deve" esercitare la fantasia.
Perché non è come uno di quei soggetti complicati da comprendere, qui come cantava De Gregori, "non c’è niente da capire" c’è da sentire e vivere.
Ecco questo è un po’ del progetto di Pianura padana Mon Amour visto dagli occhi di chi l’hai ideato: uno stato d’animo, un viaggio, un sogno collettivo.
Mon Amour, ma non solo mio.
Sarà bello viverlo insieme. Ad maiora.
Sara